Essere
ultimo e servo di tutti mons. Antonio Riboldi
Ci sono piaghe dolorose, che ci portiamo addosso tutti
e che ereditiamo dal peccato originale. Nel paradiso terrestre, che ci era
stato donato, dove regnava l'amore pieno, mise piede un giorno il serpente. Dio
permise che i nostri progenitori fossero messi alla prova, perché così è giusto
che sia, nella natura dell'amore, che è libero: una prova che consisteva nella
scelta tra Dio e se stessi. Obbedienza e umiltà o orgoglio e superbia.
Sappiamo tutti come finì. Davanti alla tentazione di
poter 'essere come Dio', solo attraverso la disobbedienza, non seppero
resistere al fascino maledetto che è 'sentirsi grandi e potenti, come dei'. Non
si accetta la realtà del nostro essere creature: l'uomo in sé è davvero piccolo
e misero, insufficiente, ed acquista bellezza e dignità solo se sa riconoscere
la sua miseria e fa posto a Chi è grande e da Cui sgorga la vera grandezza.
È terribile il male della superbia. È tragica la corsa
che si fa in ogni capo per affermare una grandezza che è solo esteriore, se non
addirittura dannosa. Così abbiamo le 'grandi potenze', i 'grandi' della terra,
i 'famosi', ma tutti constatiamo come spesso questa 'corsa' produce solo tanta
povertà e tanta, ma tanta, gente che è umiliata, al punto da sentirsi ed essere
considerata nulla: l'esercito dei miseri e dei poveri della terra, sgabello dei
cosiddetti 'grandi'.
Dobbiamo essere sinceri con noi stessi: chi di noi non
sente il 'veleno' del serpente, che è l'orgoglio? Nessuno vuole vestire l'abito
'dell’ultimo', ma solo quello 'del primo'... anche se poi la vera grandezza si
scopre proprio negli ultimi: 'Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, perché
ha guardato all'umiltà della Sua serva', proclama Maria SS.ma. Fa sempre tanta
pena incontrarsi con chi non fa proprio nulla per nascondere la sua superbia,
così come è quasi un toccare con mano la bellezza del Cielo, vivere ed
incontrare chi ha il divino candore dell'umiltà, sa riconoscere il proprio
nulla - pur essendo magari ricco di qualità e pregi umani - e fa posto a Chi
davvero è tutto, diventando 'gloria del Dio vivente'.
È il Vangelo di oggi, come la lettera di Giacomo, ad
aiutarci ad entrare nel mondo degli 'ultimi', che agli occhi di Dio sono 'i
primi'. Narra l'evangelista Marco: "Gesù e i suoi discepoli attraversavano
la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva i suoi discepoli
e diceva loro: 'Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli
uomini e lo uccideranno: ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risorgerà'. Ma
essi non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli
spiegazione. Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa chiese loro: 'Di
che cosa stavate discutendo lungo la via?: Ed essi tacevano.
Per la via infatti avevano discusso tra di loro chi
fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i dodici e disse loro: 'Se uno di
voi vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti. E preso un
bambino lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: 'Chi accoglie uno di
questi bambini, accoglie me, ma chi accoglie me, non accoglie me, ma Colui che
mi ha mandato". Queste ultime parole mi fanno passare davanti agli occhi
tanti bambini del nostro tempo, non nati, rifiutati, affamati, percossi,
rimandati, dopo giorni sui barconi degli immigrati, senza capire, a morire 'a
casa loro!
Di fronte a questi bambini, per noi a nulla valgono le
parole di Gesù: 'accogliendoli, non accogliete Me, ma Colui che mi ha mandato'.
Mi incontrai un giorno con alunni di una scuola media, per un 'botta e risposta
spontaneo, che svelasse ciò che gli adolescenti pensano della vita, della fede,
di tutto insomma. Erano ragazzi e ragazze, che nulla facevano per nascondere il
loro 'culto del benessere'. Forse papà e mamma erano persone 'importanti'. Il
dialogo si avviò con difficoltà, anche perché i ragazzi non sapevano cosa
chiedere ad un vescovo, tanto più che ero stato presentato come uno 'che sta
dalla parte degli ultimi' e, amando i poveri, passavo per 'un povero Cristo'.
Tentai allora di avviare un dialogo con la descrizione
dei valori della vita e, soprattutto, del grandissimo valore della presenza di
Gesù nella nostra esistenza. Gli occhi di quegli adolescenti erano puntati su
quello che dicevo e per loro era davvero un discorso duro e sconosciuto. A
bruciapelo feci questa domanda: 'Chi vorrete essere nella vita da grandi?'. In
coro fecero nomi di persone ricche e famose, che per lo più non conoscevo.
Credendo di non essere stato capito, formulai in altro
modo la domanda: 'Ammettiamo che voi desideriate veramente la vostra felicità,
che è nella grandezza di essere figli di Dio. Vorreste essere come S. Francesco
d'Assisi, che da ricco divenne povero per sua scelta, o come uno sceicco (miliardario)
d'Arabia che da povero divenne
ricchissimo e famoso?'. Questa volta la risposta fu fulminea e quasi corale:
'Lo sceicco!'. Quello che ho raccontato potrebbe sembrare un fatto isolato, che
riguarda solo alcuni, che vanno compassionati. Ma nella storia dell'umanità si
è sempre giocato al tragico 'essere primo', ossia il più importante, riducendo
il senso della vita al potere, al successo, al prestigio. Lo stesso Gesù, nel
deserto, fu tentato da satana a fare la parte del 'grande'.
E furono tentati gli stessi discepoli, che non
capivano il discorso di Gesù, che parlava di crocifissione, ossia consumarsi
tutto, essere umiliato fino alla morte, per farci dono poi della resurrezione. Cosi
parlava dell'umiltà Paolo VI? L'uomo, nella concezione e nella realtà del
cattolicesimo, è grande, e tale deve sentirsi nella coscienza, nel valore della
sua opera, nella speranza del suo finale destino. Ma i suoi pensieri, il suo
stile di vita, il so rapporto con i suoi simili, gli impone nello stesso tempo
di essere umile. Che l'umiltà sia una esigenza, potremmo dire costituzionale,
della psicologia e della moralità del cristiano, nessuno potrà negarlo.
Un cristiano superbo è una contraddizione nei suoi
stessi termini. Se vogliamo rinnovare la vita cristiana, non possiamo tacere la
lezione e la pratica dell'umiltà... L'apparente contraddizione fra umiltà e
dignità del cristiano, ha nel Magnificat, l'inno di Maria SS.ma, l'umile tra
tutte le creature, la più alta soluzione. E la prima soluzione è data dalla
considerazione dell'uomo davanti a Dio. L'uomo veramente religioso non può non
essere umile. L'umiltà è verità. S. Agostino che dell'umiltà ha un concetto
sempre presente nelle sue opere, ci insegna che l'umiltà è da collocarsi nel
quadro della verità. Siamo piccoli e per di più siamo peccatori. - scrive S.
Pietro - sotto la mano potente di Dio, affinché vi esalti nel tempo della sua
visita; ogni nostra ansietà deponetela in Lui, perché Lui ha cura di voi'.
Sono due i malattie della psicologia umana, colpevoli
delle rovine più estese e più grandi dell'umanità: l'egoismo e l'orgoglio. È
allora che l'uomo fa centro su se stesso nella estimazione dei valori della
vita: egli si fa primo, egli si fa unico. La sua arte di vivere consiste nel
pensare a se stesso e nel sottomettere gli altri. Tutti i grandi disordini
sociali e politici hanno nell'egoismo tante capacità d'azione, ma l'amore non
c'è più? (febbraio 1975).
Saremo capaci di accogliere l'invito di Gesù a
svestire gli abiti effimeri e bugiardi dell'orgoglio, per indossare l'abito
semplice dei bambini? È qui davvero il segreto della nostra gioia, della
speranza che questa umanità torni a ritrovare quella pace, che solo un cuore da
bambino sa creare. E davvero fa bene, tanto bene, incontrare nella vita
fratelli e sorelle di una tale semplicità di animo, che ti ridonano la bellezza
di vivere con amore e per amore, e ti fanno vedere il Cielo che è ancora sopra
di noi, tra di noi.
Accogliamo l'invito dell'apostolo Giacomo: "Carissimi,
dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive
azioni. La sapienza che viene dall'alto, è anzitutto pura, poi pacifica, mite,
arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza
ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno
opera di pace.
Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in
mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle
vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non
riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete,
chiedete e non otterrete perché chiedete male, per spendere per i vostri
piaceri!" (Gc. 3, 16)
Una dura lezione, ma necessaria esortazione a
diventare tutti quei 'piccoli, o 'ultimi' del Vangelo, per assaporare la gioia
del cuore dei bimbi, che sanno vedere ancora la bellezza del Cielo.
P. Martin fsa